I soliti ignoti Magazine - Marzo 2008

Valore e significato della punteggiatura nel testo poetico

La poesia è fatta di parole e silenzio insieme.

Il silenzio è parte fondamentale della sonorità di ogni poesia, non è solo l’intervallo tra una parola e l’altra, ma rappresenta il ponte di unione dei suoni.

Come le ombre di un’opera pittorica evidenziano la vivacità dei colori e le pause nella musica amplificano il palpito delle note, allo stesso modo, i silenzi della poesia sono la vita della parola.

Quanto viene scritto esce dal silenzio intraducibile, rientra nel silenzio di chi legge, generando parole, immagini e pensieri nuovi.

Molto si è detto e scritto a proposito della poesia dal punto di vista metrico, ritmico, lessicale-sintattico, fonico, tematico.

Mi soffermerò qui sull’importanza della punteggiatura nel testo poetico come elemento fondamentale e caratterizzante del verso.

Nel suo Canto notturno, Leopardi raggiunge un perfetto equilibrio tra parole e silenzi.

I versi rimano liberamente e ciascuna strofa, grazie alle pause suggerite dai molteplici segni d’interpunzione, assume un andamento uniforme in chiave di ballata:

“Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai
silenziosa luna?
sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.”

Con Pascoli, apparentemente sussistono ancora le istituzioni metriche della tradizione, come il ricorso alla rima e il rispetto della codificata lunghezza dei versi.

Tuttavia, proprio con lui, ha inizio la frantumazione dell’endecasillabo cantato e solenne, che avrà tante conseguenze ulteriori per giungere fino al verso libero di Ungaretti.

Questa iniziale rottura col passato, però, non rinuncia alla fortissima incidenza della punteggiatura, che conduce quasi a una disposizione grafica ungarettiana.

Ciò risulta evidente nella strofa conclusiva di Novembre:

“Il silenzio, intorno: solo alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile.”

Da questi versi si evince l’indissolubile legame tra le parole e le pause silenziose: se le virgole scandiscono un ritmo proveniente dai sospiri interiori di un’anima rapita alla contemplazione della natura, i due punti conducono invece in un’atmosfera irreale, in cui l’indeterminatezza dei luoghi si stempera nella presenza tangibile di elementi sonori e quel cader fragile di foglie ne rappresenta l’esempio più evidente.

La punteggiatura e la parola insieme, nella loro sintesi dialettica, portano alla constatazione di una fredda legge di morte come unica e vera realtà che rimane dopo la momentanea illusione di profumi e colori primaverili.

Come dimenticare poi la potenza evocatrice e nostalgica dei versi di Montale che, nella Casa dei doganieri, canta:

“Tu non ricordi la scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui vi entrò lo sciame dei tuoi
pensieri.”

I due punti anticipano qui un ricordo pregnante carico di nostalgia, dove, a poco a poco, quello sciame di pensieri prende corpo divenendo immagine effimera e al tempo stesso concreta di ciò che la memoria trascina con sé.

Se è vero, dunque, che per Ungaretti solo la parola “nuda” e scarnificata poteva gridare l’orrore della guerra in una notte di veglia trascorsa accanto a un compagno massacrato, è altresì vero che i segni d’interpunzione, quando vengono usati senza che diventino un mero artificio tecnico fine a se stesso, conferiscono al verso un’inconfondibile musicalità a cui la poesia non può rinunciare.

La poesia è canto, melodia, energia sgorgante dai palpiti dell’anima e dal ritmo del nostro respiro. La punteggiatura cattura quel ritmo impalpabile, traducendolo in simboli grafici e permette a chi legge un testo poetico di affacciarsi a contemplare gli spazi silenziosi di chi scrive.

Sono infiniti i modi in cui la poesia potrebbe essere intesa e nessuno di essi è giusto o sbagliato, poiché il linguaggio poetico è universale e si rivolge a ogni uomo che sappia guardare dentro e fuori di sé e che sia in grado di porsi ad ascoltare.

Credo che se fosse possibile definire l’Idea di Poesia, come Platone avrebbe potuto concepirla, essa sarebbe la perfetta sintesi dialettica tra parola sonora e pausa silenziosa, tra profondità dei significati e forma esteriore che a quegli stessi significati sa dare voce ed espressione.

Sara Cordone

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